martedì 17 novembre 2009

Kitty Cat Shirt

Si sveglia Camille. Il mattino ha l'oro in bocca e New York non si è mossa di un millimetro.
Sarà la mia mente visionaria che decide di vedere solo ciò che vuole, eppure mi sembra che la neve dia più luce alle sue guance; il cuscino se la coccola ancora un altro po' ma la città la brama solo per sé. E non si può evitare di rispondere.
Alzarsi è sempre un trauma, arrivare in bagno un'epopea, guardarsi allo specchio di nuovo uno shock disumano. Ma le donne hanno quella forza interiore, quella voglia di mettersi in gioco, e fortunatamente quel tanto d'intelligenza che basta loro per ricordarsi che al mattino non si è maturi abbastanza per dare giudizi, nemmeno su di sé; la sera purtroppo si è troppo ubriachi per farlo e durante la giornata non c'è mai tempo. La verità è che per un motivo o per un altro nessuno è mai in grado di giudicare però, per uno strano caso del destino, l'essere umano è sempre e comunque propenso a farlo.
Vestendosi, passandosi di tanto in tanto una mano fra i capelli. Camille è stanca anche se ha lasciato le lenzuola poco fa e nemmeno un po' d'acqua gelata riesce a darle una parvenza di decenza.
Rinunciamo allo specchio per stamani. Già: nel suo riflettere, da troppo da pensare.
Si avvolge in una soffice sciarpa di lana, bianca come le nuvole che fanno stranamente brillare questa plumbea metropoli; il cappotto le si avvita perfettamente intorno mentre afferra la borsa e vola fuori sul pianerottolo sbattendosi alle spalle la porta.
Uscendo in strada alza istintivamente gli occhi al cielo: una cappa candida la protegge dallo scrutare del sole mentre docili fiocchi le si intrecciano fra le ciocche mosse del colore del grano. Respira.
Si dirige verso il primo locale aperto, necessitando subito una dose di caffeina: se aspettare e berla oppure farsela direttamente iniettare nelle vene ancora deve decidere; ma anche se il tempo è tiranno ha comunque il diritto ad un cornetto come Dio comanda.
E allora rubiamo una manciata di minuti: nessuno ci farà caso.

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